Vi capita mai in classe di fare una domanda di cui non ritorna nemmeno l'eco tanto è il silenzio che avvolge le menti degli studenti e delle studentesse?
Soprattutto in questi lunghi mesi di pandemia e insegnamento virtuale, le nostre lezioni su Zoom o Google Meet o Teams, o qualsiasi piattaforma stiano usando le vostre scuole, si trasformano spesso in situazioni più simili a una seduta spiritica che non a un'aula: "Julio, ci sei? Rispondimi... Julio...".
E niente, non ritorna manco un'eco lontana.
Ora, quando questo accade e sembra di aver lanciato una monetina nel pozzo stregato di cui mai toccherà il fondo, effettivamente ci si può abbattere.
Negli ultimi anni però ho imparato a rivalutare il silenzio come strategia didattica. Ne abbiamo sempre paura perché crediamo che gli studenti non stiano seguendo, non abbiano capito cosa sta succedendo o semplicemente usino il silenzio come forma di ribellione all'apprendimento. In realtà magari stanno solo pensando.
Insegnare negli Stati Uniti, dove tutto è misurato, calcolato, nel tempo, nello spazio e soprattutto nella produzione, crea dei mostri come lo speed writing, lo speed dating, tutti concetti molto simili al fast-food: produciamo e consumiamo alla velocità della luce. Se parli veloce, sei intelligente.
E io invece in classe incito gli studenti a fare lo slow learning. Che bisogno c'è di avere fretta, di provare la nostra superiorità in termini di velocità? Meglio imparare a pensare.
Se quindi faccio una domanda agli studenti, cerco di non rielaborarla in mille maniere, parlando, parlando e non consentendo alla povera vittima del momento di pensare. Anzi, in classe si sa: se la Prof fa una domanda, puoi alzare la mano, ma mai dare la risposta se qualcuno sta cercando di reperire le informazioni o magari fare i collegamenti mentali necessari per una risposta che abbia senso.
Certo, se la pausa meditativa si fa troppo lunga e magari abbiamo il dubbio che non sia stata capita, allora va bene rielaborare la domanda, dare ulteriori informazioni, spiegare per aiutare la comprensione, ma dare la possibilità a tutti di avere un momento di lentezza nell'apprendimento aiuta a rivalutare l'atto della riflessione, a dare dignità al pensiero rispetto alla mera produzione linguistica.
I tempi "vuoti" di rumore, non vanno riempiti con un'azione del parlare solo per riempire il momento a scapito di una vera comunicazione. Vanno invece rivalutati come momenti in cui gli studenti costruiscono il loro significato per riuscire a esprimere quello che vogliono realmente.
Ogni situazione va contestualizzata, ma credo veramente che si debba creare uno spazio di lentezza nell'apprendimenti e nell'insegnamento, in cui ragazzi e ragazze sentano che il loro compito è creare significato e le loro idee sono importanti, anche quando arrivano dopo vari minuti di silenzio.