venerdì 6 novembre 2015

Comunicazioni scuola-famiglia, ovvero La persecuzione programmata

I genitori sono le fondamenta sulle quali si basa tutto quello che insegno.

Sono alleati infallibili e preziosi, quelli che continuano a casa il mio lavoro, correggono, consigliano, calmano le teste calde e me le rimandano il giorno dopo aperte al dialogo e alla collaborazione.
Sono i preziosi princìpi della famiglia e della collaborazione, dei valori su cui costruire la società del futuro e delle generazioni migliori.

A volte.

Altre volte invece sono spie nemiche, che difendono le posizioni del potere (perché a casa loro è evidente chi lo detiene, il potere) a tutti i costi e minano la stabilità del governo delle mie lezioni.
Tentano di trovare delle falle nel sistema (numerose, ma mai visibili!!) del mio insegnamento per giustificare l'assenteismo, la mancanza di compiti, la momentanea pennica sul banco, la cannetta ricreazionale, i voti bassi, i progetti non consegnati, e la domanda è sempre per me.
"Perché mio figlio ha questo/quel voto e non questo o quell'altro? Perché non viene in classe? Perché?"

E già il fatto che vengano a chiederlo a me invece che al rampollo reale spiega tutto.

Perché diciamolo, quando il pargolo adorato sa che a casa non verrà MAI messo in discussione il suo discutibilissimo comportamento e/o il suo rendimento, il giovine virgulto tende a strainfischiarsene dei risultati, contando proprio sulla fallacità del rapporto genitore-insegnante.

Quindi, anche il genitore ha le sue ragioni: perché fare domande a chi adora e non lo degnerebbe comunque di una risposta?

Gli resta solo l'insegnante.

Diventa un po' come parlare a se stessi o al vento.

È insomma come se il genitore si vedesse rispecchiato nell'insegnante, quell'essere che lui non stima, così come suo figlio non stima lui (o lei a seconda del caso).

Da parte mia dunque, grande comprensione-compassione-testa-china-da-un-lato e lacrimuccia alla Pierrot.

E siccome pure io devo sopravvivere all'anno scolastico con un minimo di sanità mentale alla fine, comincio la persecuzione programmata.

Perché c'è da dire, che anche se capisco la debolezza genitoriale, preferisco comunque stare dalla parte mia.

Mi appresto dunque a inviare a casa note accurate su ogni movimento del pargolo, che sia un quiz per cui non aveva studiato, una domanda non risposta, un sonnellino di pochi secondi sul banco, una risposta poco gentile, un ritardo qualsiasi.

Un'informazione quotidiana, fatta di mail inviate anche due volte al giorno se necessario.
Cominciano sempre con il riconoscimento dell'aiuto genitoriale per aver affrontato il problema e terminano sempre con i ringraziamenti per l'aiuto e la collaborazione offerta con il primo contatto.

I risultati sono vari: alcuni genitori dopo il primo centinaio di mail scompaiono, inghiottiti dalla voragine provocata dalla realtà, altri decidono che a casa qualcosa deve cambiare e con un colpo di stato dittatoriale riaffermano la loro autorità e mi rimandano il giorno dopo dei lord inglesi con maniere impeccabili e un'infinita sete di sapere, altri ancora vengono consumati dagli acidi gastrici e non se ne ha più notizia.

Fortunatamente almeno finora i genitori con cui ho avuto a che fare si sono dimostrati ragionevoli.

Sarà perché do loro risultati.

Sarà perché sanno che i loro piccini, anche quando sembrano camionisti culturisti e gli tocca abbassare lo sguardo per guardarmi negli occhi, anche quando se alzassero un ditino mi ridurrebbero in cenere, i loro piccini dicevo, nella mia classe sono al sicuro, in un nido protetto dove se gli devo dire che non hanno studiato non gli dico "Good job!", ma gli insegno cosa devono cambiare per riuscire a imparare, dove il rispetto è alla base delle mie azioni e deve essere alla base delle loro.

Sarà perché le possibilità di recupero nella mia classe sono migliaia, ripetute, ribadite e a volte imposte, sempre per il bene del cucciolo.

Nella mia classe oserei dire che fallire è IMPOSSIBILE, a meno che non sia l'obiettivo finale dello studente.

Vademecum dei rapporti con i genitori:

1. i genitori hanno sempre ragione: bisogna solo fargli capire che stiamo dalla stessa parte, che anche noi vogliamo il bene dei loro figli. Il consiglio è solo uno: COALIZZIAMOCI.

2. gli adolescenti hanno un cervello non completamente sviluppato (lo so che lo avevate già notato... Repetita iuvant, pure per gli insegnanti) (Da leggere e guardare: I meccanismi misteriosi del cervello degli adolescenti), quindi abbiate pietà: sono vostri per un paio di anni, ma i genitori se li devono ciucciare a vita.

3. la persecuzione da me proposta  è in realtà la necessaria comunicazione che dovrebbe esserci con i genitori, che realmente a volte si vedono proposta una versione dei fatti diciamo un pochino fuorviata.

4. non ci vuole molto per creare un bel rapporto col nemico, mandare una lettera a casa all'inizio dell'anno per informare le famiglie su cosa verrà fatto in classe, fare una riunione per semestre, magari per mostrare i lavori e i risultati dei ragazzi, aiuta ad aprire le classi all'esterno e riduce la vulnerabilità dell'insegnante. Gli studenti diventano a quel punto parte integrante di quello che mostra l'insegnante e magari finisce anche che si sentano orgogliosi del loro lavoro.

5. ma soprattutto, alla base di tutto ci deve essere un lavoro fatto in prevalenza dai ragazzi: l'insegnante è il Deus Ex Machina, il regista, colui che guida le azioni e risolve i problemi, gli studenti sono quelli che devono fare per imparare. E noi dobbiamo stare seduti a guardare il risultato del LORO lavoro.



Happy watching!

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