Quando si avvicinano gli esami importanti degli alunni io mi stresso un po'.
Allora mi rifugio nell'aula insegnanti, trovo un angolino sui divani sfondati e ci sprofondo.
Da un paio di giorni sono in compagnia.
Una supplente viene a passare la quinta ora nella stessa aula insegnanti.
Chiaramente ha anche lei l'ora buca.
È una signorona alta, ben piazzata, con collana e sportina leopardata su ruote al seguito, una di quelle che usano le vecchiette per fare la spesa, ma con dei tratti esotici.
Ieri la supplente si è puntata lo smartphone sulla faccia e ha cominciato a girare per la stanza: braccio teso tipo bastoncino da selfie, sorriso stampato, corrugato solo nella ricerca spasmodica dell'esposizione perfetta. A un certo punto ha visto un rotolo di carta rossa e lo ha srotolato, tipo sfondo da fotografo, ci si è genuflessa davanti, sempre con il sorriso Colgate pronto a colpire, nel caso l'esposizione e lo sfondo si fossero improvvisamente presentati nel loro aspetto migliore.
"Devo farmi la foto del profilo per X", mi ha detto.
X è una casa cosmetica. Il suo secondo lavoro.
La ricerca della perfezione mi ha coinvolta e ho cominciato anche io a darle consigli, a cercare l'angolazione più adulatrice, a suggerire la luce naturale della finestra rispetto alla luce al neon, molto meno compassionevole.
La scena mi ha divertito parecchio e la signora mi faceva morire dal ridere.
Oggi è tornata.
Mi ha salutato e mi ha informato della sua decisione di fare meditazione tutti i giorni.
Poi ha impostato il timer sullo smartphone, ha preso una scatolina, ne ha tirato fuori un rosario lunghissimo blu e ha chiuso gli occhi.
La posa meditativa richiedeva le mani giunte sul petto, i piedi ben saldi per terra, le labbra che sussurravano gli avemariapadrenostro e gli occhi, quelli, sempre ermeticamente chiusi.
La signora ha meditato per dieci minuti esatti (fino allo squillo dello smartphone) e poi si è rilassata sul sofà, mentre io, ebete, la guardavo sorridente,
Chissà cosa mi faceva gongolare.
Forse il mix pre-post-o-durante menopausa del quadretto che avevo ammirato per due giorni di fila.
O forse mi sentivo così, non so, professionale, rispetto a lei, così meditativa di mezz'età.
Come in un flash mi sono vista proiettata davanti ai miei occhi.
Io, sfatta dal troppo lavoro, sopraffatta dalle emozioni di fine anno e dallo stress di una professione che non ripaga e che richiede di accontentarsi delle briciole per ritrovare le energie e continuare l'anno dopo, con alunni nuovi; nuove sfide per cui spesso non sono pronta, perché queste sono nuove e io avevo appena imparato a fronteggiare le situazioni vecchie e non impreviste...
La supplente selfiemeditativa improvvisamente mi è sembrata così umana, così simile a me e compassionevole.
Entrambe piene di lavoro, in balia della lotta per la sopravvivenza, ma lei alla ricerca del lato affascinante del suo selfie, della sua bellezza, che io in me nemmeno più cerco, tanto sono stanca.
Lei, che si prende cura della sua bellezza anche interiore, io, che mi arrendo sul divano alle avversità e dentro ho al massimo la gastrite.
Praticamente, lei una dea greca, io una povera tapina.
Ma finirà, anche quest'anno finirà.
Allora mi rifugio nell'aula insegnanti, trovo un angolino sui divani sfondati e ci sprofondo.
Da un paio di giorni sono in compagnia.
Una supplente viene a passare la quinta ora nella stessa aula insegnanti.
Chiaramente ha anche lei l'ora buca.
È una signorona alta, ben piazzata, con collana e sportina leopardata su ruote al seguito, una di quelle che usano le vecchiette per fare la spesa, ma con dei tratti esotici.
Ieri la supplente si è puntata lo smartphone sulla faccia e ha cominciato a girare per la stanza: braccio teso tipo bastoncino da selfie, sorriso stampato, corrugato solo nella ricerca spasmodica dell'esposizione perfetta. A un certo punto ha visto un rotolo di carta rossa e lo ha srotolato, tipo sfondo da fotografo, ci si è genuflessa davanti, sempre con il sorriso Colgate pronto a colpire, nel caso l'esposizione e lo sfondo si fossero improvvisamente presentati nel loro aspetto migliore.
"Devo farmi la foto del profilo per X", mi ha detto.
X è una casa cosmetica. Il suo secondo lavoro.
La ricerca della perfezione mi ha coinvolta e ho cominciato anche io a darle consigli, a cercare l'angolazione più adulatrice, a suggerire la luce naturale della finestra rispetto alla luce al neon, molto meno compassionevole.
La scena mi ha divertito parecchio e la signora mi faceva morire dal ridere.
Oggi è tornata.
Mi ha salutato e mi ha informato della sua decisione di fare meditazione tutti i giorni.
Poi ha impostato il timer sullo smartphone, ha preso una scatolina, ne ha tirato fuori un rosario lunghissimo blu e ha chiuso gli occhi.
La posa meditativa richiedeva le mani giunte sul petto, i piedi ben saldi per terra, le labbra che sussurravano gli avemariapadrenostro e gli occhi, quelli, sempre ermeticamente chiusi.
La signora ha meditato per dieci minuti esatti (fino allo squillo dello smartphone) e poi si è rilassata sul sofà, mentre io, ebete, la guardavo sorridente,
Chissà cosa mi faceva gongolare.
Forse il mix pre-post-o-durante menopausa del quadretto che avevo ammirato per due giorni di fila.
O forse mi sentivo così, non so, professionale, rispetto a lei, così meditativa di mezz'età.
Come in un flash mi sono vista proiettata davanti ai miei occhi.
Io, sfatta dal troppo lavoro, sopraffatta dalle emozioni di fine anno e dallo stress di una professione che non ripaga e che richiede di accontentarsi delle briciole per ritrovare le energie e continuare l'anno dopo, con alunni nuovi; nuove sfide per cui spesso non sono pronta, perché queste sono nuove e io avevo appena imparato a fronteggiare le situazioni vecchie e non impreviste...
La supplente selfiemeditativa improvvisamente mi è sembrata così umana, così simile a me e compassionevole.
Entrambe piene di lavoro, in balia della lotta per la sopravvivenza, ma lei alla ricerca del lato affascinante del suo selfie, della sua bellezza, che io in me nemmeno più cerco, tanto sono stanca.
Lei, che si prende cura della sua bellezza anche interiore, io, che mi arrendo sul divano alle avversità e dentro ho al massimo la gastrite.
Praticamente, lei una dea greca, io una povera tapina.
Ma finirà, anche quest'anno finirà.
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